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La carta di cenci
  La carta di cenci veniva fatta nel seguente modo: gli stracci bianchi erano selezionati e lavati minuziosamente in una tinozza con buchi di drenaggio e poi lasciati a fermentare per quattro o cinque giorni. In seguito i cenci che si disintegravano erano tagliati a pezzi e battuti per alcune ore in acqua corrente, lasciati macerare per una settimana e poi battuti ancora e così via per molte altre volte fino al momento in cui si trasforma in una polpa fluida. Allora veniva versata in una grande tinozza. Un telaio di fili veniva immerso nella vasca e, una volta estratto, tirava su una pellicola di fibre bagnate; poi veniva scosso e liberato dalle sgocciolature e finalmente svuotato su un panno di feltro. Su di esso si poneva un altro panno di feltro e così ogni foglio umido veniva posizionato all’interno di una struttura fatta di strati di fogli di carta e di panni feltro alternati. In seguito, questa struttura multistrato veniva pressata per togliere l’acqua in eccesso ed i fogli di carta rimossi e posti ad asciugare. Una volta pronti, i fogli venivano imbozzimati attraverso l’immersione in una colla animale ottenuta dall’ebollizione di scarti di pellame. Infatti i maestri cartai di Fabriano, per eliminare la causa del facile deterioramento dei fogli (ossia la colla di amido di frumento), sostituirono alle sostanze amidacee la colla animale, ricavato dal carniccio, scarto delle locali concerie. E questo fu un passaggio importante, considerato che prima a Fabriano (e non solo) vigeva il divieto di utilizzare supporti cartacei per la stesura di atti pubblici o notarili, in virtù della loro facile deperibilità.

La carta in Toscana
  A Colle Val d’Elsa un documento su una controversia del 1319 ci informa che in quella data già esisteva nella cittadella una cartiera, appartenente ad un tal Stoldo de’ Rossi. Alcuni decenni dopo, nel 1377, le autorità civiche diedero in affitto per vent’anni a Michele di Cola una caduta d’acqua con relativo aqueductus, mentre gli strumenti per la produzione della carta erano precedentemente appartenuti a Bartolomeo d’Angiolo. Le cartiere (tra cui anche quella dello Spedale, citata in un documento catastale del 1427) erano tutte posizione su un canale civico, la gorla, che per molti secoli ha fornito l’energia alle industrie di Colle. Ancora oggi, recandosi a Colle Val d’Elsa, si possono trovare le vestigia di questa fiorente attività, ad esempio pernottando nell’Hotel La Cartiere, sito all’interno di una vecchia cartiera, o al ristorante il Mulino, sotto il cui pavimento si intravedono ancora una ruota di un mulino e una parte della gorla. In Toscana altre cartiere erano localizzate, nel XV secolo, a Pescia e a Prato.

 

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